Con un’interessante ordinanza del giugno 2023 la Corte di Cassazione si è pronunciata su un caso molto frequente nella prassi quotidiana di molti studi legali: la notifica a mezzo pec.
Ormai questo metodo di notifica è divenuto il canale privilegiato per effettuare le notifiche degli atti, sia per una questione di costi che per una questione di tempi, vista la tempestività con cui il messaggio giunge alla casella del destinatario.
Ma se questo non avviene?
Il caso di specie riguarda la notifica di una sentenza di primo grado, effettuata dalla parte vittoriosa per far decorrere il termine breve di cui all’art. 325 c.p.c.
La notifica, tuttavia, aveva generato la consueta ricevuta di “accettazione” e subito dopo l’avviso di “mancata consegna”, per casella pec piena.
La Corte d’Appello, tuttavia, aveva ritenuto la notifica valida, giudicando tardivo l’appello proposto nel c.d. termine lungo.
La Cassazione, con la pronuncia n. 16125/2023 (scaricabile in calce), ha chiarito che:
“in caso di notificazione a mezzo PEC non andata a buon fine, ancorché per causa imputabile al destinatario (nella specie per “casella piena”), ove concorra una specifica elezione di domicilio fisico – eventualmente in associazione al domicilio digitale – il notificante ha il più composito onere di riprendere idoneamente il procedimento notificatorio presso il domiciliatario fisico eletto in un tempo adeguatamente contenuto, non potendosi, invece, ritenere la notifica perfezionata in ogni caso con il primo invio telematico”.
Il principio è conforme alla precedente pronuncia n. 40758/2021.