Sempre più frequenti sono le decisioni dell’ABF (Arbitro Bancario e Finanziario) aventi ad oggetto i rendimenti dei Buoni fruttiferi postali della serie “Q/P”.
Questi buoni si riconoscono dal timbro “Serie Q/P” apposto sul fronte e dal timbro apposto sul retro che ne modifica i tassi di rendimento.
Tuttavia il timbro riportato dietro modifica i tassi di interesse solo fino al 20° anno e nulla dice sul rendimento dal 21° al 30° anno. In mancanza di una modifica specifica si deve ritenere che facciano fede le condizioni originarie, stampate in calce alla tabella.
Poste Italiane, nel rimborsare i buoni alla scadenza, liquida spesso un importo inesatto rispetto alle condizioni del buono che, nella maggior parte dei casi, da diritto ad una somma più alta. A tal proposito molti sono i ricorsi presentati ad ABF ed ormai consolidato è l’orientamento dell’arbitro bancario secondo cui:
“il ricorrente ha diritto a vedersi riconoscere, per il terzo decennio successivo all’emissione dei titoli in questione, il rendimento indicato sul retro di questi ultimi, corrispondente a quello originariamente previsto per i buoni della serie “P” (cfr. Collegio di Bari, decisione n. 7986/2020)”.
A supporto di quanto sopra vi è anche una Sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite (n. 13979/2007) che ribadisce il medesimo principio, laddove sostiene che “il vincolo contrattuale tra emittente e sottoscrittore dei titoli si forma sulla base dei dati risultanti dal testo dei buoni di volta in volta sottoscritti“.
Tra le decisioni più recenti dell’autorità arbitrale si segnalano: Collegio di Coordinamento n. 6142/20; Collegio Bologna n. 2/2018; Collegio Torino n. 2571/2018; Collegio Bari n. 1063/2019, Collegio Napoli n. 22924/2020 e, da ultimo, sempre Collegio Bari n. 77/2021, che si riporta qui sotto.