Profilo falso su Facebook: è reato. (Cass. Penale Sentenza n. 22049/2020)

Chi crea ed utilizza un profilo social utilizzando l’immagine di un’altra persona, ignara, può essere punito per il reato di sostituzione di persona, previsto dall’art. 494 c.p.

Questo è il principio ribadito dalla Quinta Sezione Penale della Corte di Cassazione lo scorso 6 luglio, con la Sentenza n. 22049/2020 (testo in calce).

Secondo i giudici viene integrato il reato di sostituzione di persona nel momento in cui viene creato ed utilizzato un falso profilo Facebook, allo scopo di pubblicare post offensivi di terze persone; condotta questa che integra a sua volta la diffamazione aggravata dall’uso del social network ai sensi dell’art. 595 c.p.c.

Cosa prevede il codice penale?

L’articolo 494 dispone che:

Chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un vantaggio o di recare ad altri un danno, induce taluno in errore, sostituendo illegittimamente la propria all’altrui persona, o attribuendo a sé o ad altri un falso nome, o un falso stato, ovvero una qualità a cui la legge attribuisce effetti giuridici, è punito, se il fatto non costituisce un altro delitto contro la fede pubblica, con la reclusione fino ad un anno.

Secondo i Giudici di legittimità “la condotta di colui che crea ed utilizza un “profilo” su social network, utilizzando abusivamente l’immagine di una persona del tutto inconsapevole, associata ad un “nickname” di fantasia ed a caratteristiche personali negative, e la descrizione di un profilo poco lusinghiero sul “social network” evidenzia sia il fine di vantaggio, consistente nell’agevolazione delle comunicazioni e degli scambi di contenuti in rete, sia il fine di danno per il terzo, di cui è abusivamente utilizzata l’immagine“.

Questo comportamento può integrare, inoltre, il reato di diffamazione aggravata (punito con la reclusione da sei mesi a tre anni o della multa non inferiore a 516,00 euro) nel caso in cui il titolare del profilo diffonda un messaggio diffamatorio presso il pubblico online, atteso che Facebook consente al messaggio di raggiungere un numero indeterminato di persone collegate.

Di seguito è disponibile la sentenza, in formato integrale:

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