Facebook è gratis: a che prezzo? (Cons. Stato Sent. 2631/2021).

Fino al 15 aprile 2018, sulla home page del più noto social network appariva lo slogan: “iscriviti è gratis e lo sarà per sempre”.

L’informazione fornita all’utente non è del tutto vera ed a confermarlo è stata la recente sentenza del Consiglio di Stato del 29 marzo 2021 n. 2631 (testo in calce).

Se, infatti, è vero che l’iscrizione al social network è del tutto gratuita, è anche vero che i dati forniti dall’utente vengono utilizzati dalla piattaforma di Zuckerberg e soci per la profilazione a fini commerciali, e tutto ciò non era stato riferito all’utente durante l’iscrizione.

L’intera vicenda ha preso avvio nel 2018 ed è giunta a conclusione solo di recente, dopo tre gradi di giudizio. Ma andiamo con ordine:

L’istruttoria dell’AGCM

Nel corso del 2018 alcune associazioni in difesa dei consumatori segnalano all’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) alcune sospette pratiche commerciali scorrette che sarebbero state attuate da Facebook ai danni degli utenti in fase di iscrizione.

La procedura del Garante, dopo un’attenta istruttoria giunge a conclusione con delibera n. 27432 del 29 novembre 2018 con cui l’AGCM sanziona le società Facebook Inc. e Facebook Ireland Ltd per pratiche commerciali scorrette. Nello specifico, l’autorità garante contesta a Facebook sia una pratica ingannevole che una pratica aggressiva ai danni degli utenti, sanzionando quindi le società del gruppo per 10 milioni di euro complessivi.

Secondo il Garante:

“Facebook, in violazione degli artt. 21 e 22 del Codice del Consumo, induce ingannevolmente gli utenti consumatori a registrarsi nella piattaforma Facebook, non informandoli adeguatamente e immediatamente, in fase di attivazione dell’account, dell’attività di raccolta, con intento commerciale, dei dati da loro forniti, e, più in generale, delle finalità remunerative che sottendono la fornitura del servizio di social network, enfatizzandone la sola gratuità”.

Inoltre, sempre secondo il Garante:

“Facebook, in violazione degli artt. 24 e 25 del Codice del Consumo, attua una pratica aggressiva in quanto esercita un indebito condizionamento nei confronti dei consumatori registrati, i quali subiscono, senza espresso e preventivo consenso – quindi in modo inconsapevole e automatico- la trasmissione dei propri dati da Facebook a siti web/app di terzi, e viceversa, per finalità commerciali.”

In buona sostanza, viene contestata a Facebook sia l’ingannevolezza volta ad ottenere i dati degli utenti per poterli utilizzare a fini commerciali, sia la coercizione nel farsi autorizzare mediante il meccanismo del c.d. opt out.  Secondo questa opzione l’utente trova già “flaggati” i campi relativi alle autorizzazioni e può solo attivarsi per rimuovere il consenso. Ciò limita notevolmente la libertà di scelta dell’utente che, se non compie alcuna azione, presta inconsapevolmente il consenso alla trasmissione dei propri dati a terzi.

Di seguito il testo integrale della delibera AGCM n. 27432 del 29 novembre 2018:

L’appello di Facebook al TAR LAZIO

A fronte dell’importanza delle sanzioni irrogate dall’AGCM, Facebook Inc (la capogruppo) e Facebook Ireland (la società operativa europea) impugnano la delibera del Garante innanzi al Tar del Lazio.

Facebook, con il proprio ricorso, contesta innanzitutto la carenza di potere dell’Agcm, che avrebbe invaso un campo di esclusiva competenza dell’Autorità garante per la “privacy”. Ciò in quanto gli obblighi asseritamente violati sarebbero attinenti all’ambito della tutela dei dati personali, non essendovi alcuna operazione economica tra Facebook e l’utente.

Il Tar non accoglie la contestazione avanzata dalla piattaforma social in quanto i dati personali raccolti presso il pubblico “possono altresì costituire un “asset” disponibile in senso negoziale, suscettibile di sfruttamento economico e, quindi, idoneo ad assurgere alla funzione di “controprestazione” in senso tecnico di un contratto.”

Ed ancora:

“Il fenomeno della “patrimonializzazione” del dato personale, tipico delle nuove economie dei mercati digitali, impone agli operatori di rispettare, nelle relative transazioni commerciali, quegli obblighi di chiarezza, completezza e non ingannevolezza delle informazioni previsti dalla legislazione a protezione del consumatore, che deve essere reso edotto dello scambio di prestazioni che è sotteso alla adesione ad un contratto per la fruizione di un servizio, quale è quello di utilizzo di un “social network”.”.

Il Tar del Lazio conferma, quindi, la sanzione irrogata per la pratica ingannevole per 5 milioni di euro, accogliendo invece il ricorso in merito alla pratica commerciale aggressiva ed annullando la relativa sanzione.

Di seguito il provvedimento integrale del Tar Lazio:

La battaglia finale di fronte al CONSIGLIO DI STATO

Non soddisfatta, Facebook interessa della questione il Consiglio di Stato il quale si pronuncia recentemente confermando, di fatto, la precedente sentenza del Tar Lazio.

Con il provvedimento recentemente pubblicato viene confermata l’ingannevolezza del claim utilizzato da Facebook per raccogliere i dati presso gli utenti ai fini della profilazione commerciale. Dal momento dell’iscrizione i dati dell’utente vengono sfruttati, infatti, per finalità economiche senza che l’utente ne sia adeguatamente informato, in violazione degli artt. 2 e 5 del Codice del Consumo.

Detti articoli impongono un obbligo di chiarezza informativa verso l’utente che Facebook non ha onorato. Le società coinvolte sono state, quindi, sanzionate per 5 milioni di euro. Resta annullata la sanzione di 5 milioni di euro per pratica aggressiva in quanto ritenuta inesistente.

Di seguito il provvedimento del Consiglio di Stato che mette la parola fine all’intera vicenda:

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