La Corte di Cassazione ha chiuso, recentemente, un caso giudiziario pendente dal 2010, in merito al risarcimento del danno patrimoniale per la pubblicazione di immagini relative alla vita privata di un personaggio molto noto al livello internazionale, ossia l’attore statunitense George Clooney.
Quest’ultimo, il 19 luglio 2010, aveva citato innanzi al Tribunale di Milano la società Arnoldo Mondadori S.p.A. ed Alfonso Signorini quale direttore del periodico “Chi”, per accertare la violazione del proprio diritto all’immagine, a seguito della pubblicazione di foto che ritraevano l’attore in atteggiamenti intimi con la compagna, in un parco all’aperto.
Il caso giudiziario
Il Tribunale di primo grado accertava la violazione e condannava i convenuti al risarcimento, in solido, della somma di euro 300.000,00 oltre alla pubblicazione della sentenza con caratteri di stampa “doppi rispetto a quelli comunemente usati per gli articoli” (Sent. n. 14065/2013).
I due soccombenti in primo grado proponevano appello innanzi alla Corte d’Appello di Milano la quale, in parziale riforma della sentenza di primo grado, riduceva la condanna all’importo di euro 40.000,00 (Sent. n. 671/2016).
L’attore americano ricorreva, quindi, al giudizio della Suprema Corte la quale, con la recente sentenza in commento, ha accolto parzialmente le domande del ricorrente ed ha rinviato nuovamente alla Corte d’Appello di Milano (in diversa composizione) per la decisione sull’importo del risarcimento.
Le ragioni della decisione
Nel giudizio di appello, la Corte milanese, pur ritenendo la violazione del diritto alla riservatezza ed integrata la violazione dell’art. 8 CEDU (Diritto al rispetto della vita privata e familiare), dell’art. 14 Cost. (Tutela del domicilio) e dell’art. 615 c.p. (Interferenze illecite nella vita privata), aveva espressamente escluso un danno patrimoniale in capo all’attore.
Infatti, nelle motivazioni della sentenza, la Corte d’Appello di Milano aveva escluso il danno patrimoniale in quanto l’attore, tramite il suo portavoce, aveva negato il consenso alla pubblicazione di immagini della sua vita privata. Ergo, ogni immagine dell’attore era da intendersi “fuori commercio” e quindi la divulgazione non avrebbe leso l’opportunità del titolare di lucrare sulla vendita.
In altre parole, secondo la Corte territoriale di Milano, posto che Clooney non intendeva vendere la propria immagine, la pubblicazione non autorizzata di fotografie non avrebbe comportato un danno per mancato guadagno.
La Cassazione, invece, ha stabilito che:
“dall’espressa volontà di vietare la pubblicazione di foto relative alla propria vita privata, riferita ad un soggetto molto conosciuto – come certamente nella specie è (omissis) ed interprete di decine di film – non discende l’abbandono del diritto all’immagine che ben può essere esercitato, per un verso, mediante la facoltà, protratta per il tempo ritenuto necessario, di non pubblicare determinate fotografie (…) e, per altro verso, mediante la scelta di non sfruttare economicamente i propri dati personali”
Per tali motivi, la Suprema Corte ha ritenuto che la pubblicazione e divulgazione di fotografie, in contrasto con il divieto, può dar luogo ad un danno patrimoniale, determinabile in via equitativa.