Proprio mentre il Paese è alle prese con un allarmismo derivante da presunti effetti negativi, legati alla vaccinazione anti Covid-19, si registra una pronuncia della Corte di Cassazione che, come si suol dire, casca a pennello.
La Suprema Corte, con la Sentenza n. 7354/2021 depositata in data 16 marzo 2021, ha sancito un principio decisamente rilevante in tema di risarcimento del danno conseguente a vaccinazione non obbligatoria.
Il caso prende le mosse da un ricorso volto ad ottenere l’indennizzo previsto dall’art. 1 L. 210/1992, l’indennizzo di cui all’art. 1 L. 229/2005 e l’assegno una tantum di cui all’art. 4 L. 229/2005.
Il Tribunale di Brindisi rigettava la domanda che veniva appellata dalla ricorrente presso la Corte territoriale di Lecce. Secondo la Corte la fattispecie rientrava nella sfera di applicabilità della L.n. 210/1992 e la vaccinazione (anti epatite A) “pur non imposta come obbligo giuridico, era stata fortemente incentivata dalla Regione senza lasciare spazio alla discrezionalità del singolo“.
La norma appena citata stabilisce che:
“Chiunque abbia riportato, a causa di vaccinazioni obbligatorie per legge o per ordinanza di
una autorità sanitaria italiana, lesioni o infermità, dalle quali sia derivata una menomazione
permanente della integrità psico-fisica, ha diritto ad un indennizzo da parte dello Stato,
alle condizioni e nei modi stabiliti dalla presente legge.” (cfr. Legge n. 210/1992, Art. 1, primo comma).
Contro la sentenza della Corte d’Appello proponeva ricorso per Cassazione il Ministero della Sanità.
La Corte di Cassazione, a seguito della declaratoria di incostituzionalità dell’art. 1, comma I, L.n. 210/1992 nella parte in cui non prevede il diritto al risarcimento a favore di coloro che abbiano riportato lesioni o infermità a causa della vaccinazione contro il contagio da virus Epatite A, ha rigettato il ricorso riconoscendo, di fatto, il diritto all’indennizzo richiesto dalla ricorrente.
La Corte ha riconosciuto, inoltre, il nesso causale tra la malattia denunciata dalla ricorrente e la vaccinazione, richiamando la Sent. n. 19365/2015 in tema di accertamento del nesso mediante CTU.