Rumori molesti: dipende dalla condizione ambientale ed il danno deve essere provato.

La disciplina delle immissioni moleste fa riferimento all’art. 844 c.c. a norma del quale:

Il proprietario di un fondo non può impedire le immissioni di fumo o di calore, le esalazioni, i rumori, gli scuotimenti e simili propagazioni derivanti dal fondo del vicino, se non superano la normale tollerabilità, avuto anche riguardo alla condizione dei luoghi.
Nell'applicare questa norma l'autorità giudiziaria deve contemperare le esigenze della produzione con le ragioni della proprietà. Può tener conto della priorità di un determinato uso.

Il Giudice, quindi, è chiamato a pronunciarsi in merito al superamento, o meno, della soglia di tollerabilità. Questa valutazione deve essere compiuta tenendo conto della situazione locale o ambientale, in base alle caratteristiche della zona e delle abitudini sociali, tenendo comunque conto della rumorosità di fondo.

Pertanto il limite non è mai assoluto ma relativo e deve essere fissato con riguardo al caso concreto.

Queste le parole, in sintesi, del Tribunale di Lecce, che in una recente sentenza (n. 1601/2020) ha confermato l’orientamento giurisprudenziale ormai costante (cfr. Cass. Civ. 1705/2011, Cass. Civ. 22105/2015, Cass. Civ. 26882/2019).

Anche il relativo risarcimento del danno deve essere adeguatamente provato da chi ne chiede il risarcimento. Infatti, anche ove fosse accertata l’esposizione ad immissioni sonore intollerabili questo non costituisce di per sé prova di un danno alla salute, la cui risarcibilità è subordinata all’accertamento dell’effettiva esistenza di una lesione fisica o psichica.