È nulla la cartella di pagamento (e con essa il debito erariale) notificata a mezzo PEC dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione (ex Equitalia), qualora l’indirizzo PEC utilizzato da quest’ultima per l’invio del provvedimento esattivo è diverso da quelli contenuti nei Pubblici Elenchi.
Così la C.T.P. di Perugia, per mezzo della “storica” sentenza n° 379/19, ha accolto la doglianza avanzata dal contribuente assistito dai professionisti dello Studio.
I Giudici perugini così motivano la propria decisione: “Il ricorso è fondato, in effetti dalla documentazione allegata agli atti si evince che la notifica della cartella esattoriale è nulla, perché prodotta da un soggetto che non si conosce, e cioè da un indirizzo PEC diverso da quello contenuto nei pubblici registri, e per altro la stessa cartella non ha il visto di conformità“.
In sostanza, ai fini della notifica via PEC di qualsivoglia cartella di pagamento (ovvero intimazione di pagamento, preavviso di fermo amministrativo, pignoramento, ipoteca etc.), l’Agenzia delle Entrate – Riscossione (ex Equitalia) è obbligata ad utilizzare – quale indirizzo PEC “mittente” – uno tra quelli presenti nei Pubblici Elenchi (ossia, “IPA, “Reginde” ed “INI-PEC“), in quanto quest’ultimi sono gli unici validi per scopi notificatori.
Nello specifico, gli indirizzi PEC dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione validi ai fini della notifica telematica di provvedimenti esattivi sono i seguenti:
a) su IPA protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it;
b) su REGINDE pct@pec.agenziariscossione.gov.it;
c) su INIPEC protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it.
Altri e diversi indirizzi PEC non sono ammessi dalla Legge e comportano la nullità tanto della notifica della cartella di pagamento quanto del debito erariale.