La mera cancellazione di un account (e delle pagine ad esso collegate), senza alcuna giustificazione, costituisce un illecito contrattuale, con conseguente diritto al risarcimento in favore dell'utente per la lesione di diritti costituzionalmente garantiti.
Questo, in sintesi, è quanto deciso dal Tribunale di Bologna con l’ordinanza emessa in data 10 marzo 2021 all’esito di un procedimento sommario di cognizione. Il giudizio, promosso da un utente di Facebook, era volto ad ottenere il ripristino della pagina personale, stabilendo una penale per ogni giorno di ritardo. Il tutto oltre al risarcimento del danno subito.
Il Rapporto Contrattuale e la sua violazione.
Il Tribunale di Bologna, nell’ordinanza in commento (scaricabile in basso) ha compiuto un’attenta qualificazione rapporto giuridico intercorrente tra un utente e la piattaforma Facebook. Il giudice ha riconosciuto come oneroso il rapporto contrattuale che si instaura tra Facebook e l’utente privato, individuando precise prestazioni corrispettive tra le parti. Secondo il giudice bolognese “il contratto è fondato su un evidente sinallagma, per cui alla prestazione del servizio da parte del gestore corrisponde il suo interesse ad utilizzare i contenuti, le reti di relazioni e i dati personali dell’utente, a fini di raccolta pubblicitaria”.
Il contratto tra il gestore (Facebook) e l’utente è regolato dalle c.d. Condizioni d’uso. Le regole di utilizzo della piattaforma social prevedono una serie di sanzioni – più o meno definitive – in ordine alla crescente gravità della violazione compiuta da parte dell’utente. La misura più dura è la disabilitazione dell’account, sia temporanea che definitiva.
Per contro, vi è un obbligo informativo per Facebook che deve spiegare all’utente le ragioni della misura sanzionatoria applicata, consentendogli una serie di azioni volte a conservare la propria iscrizione al social network. Ne consegue che la rimozione di un profilo o di una pagina in assenza di una violazione contrattuale, oppure in assenza di motivazione sulle ragioni della rimozione, costituiscono un illecito contrattuale, riconducibile all’art. 1218 c.c.
Oltre alla violazione dei canoni contrattuali, il Tribunale di Bologna ha rilevato, inoltre, che “la distruzione di tutti i dati contrattuali rivela, com’è evidente, una condotta contrattuale profondamente scorretta non consentendo di ricostruire l’andamento del rapporto, dunque un comportamento negoziale palesemente contrario ai canoni di buona fede e correttezza nell’esecuzione del contratto che informano tutti gli ordinamenti dei paesi a civiltà giuridica a noi affine”.
Il risarcimento del danno non patrimoniale.
Oltre a stabilire i confini della responsabilità contrattuale ascrivibile a Facebook, il giudice bolognese ha compiuto un’approfondita ricognizione del danno non patrimoniale da essa derivante. Si legge nell’ordinanza che: “è noto al riguardo che nel nostro ordinamento il danno non patrimoniale è risarcibile quando sia stato leso in modo grave un diritto della persona tutelato dalla Costituzione (…) anche quando derivi da un inadempimento contrattuale (Corte di Cassazione, Sez. U, Sentenza n. 26972 del 2008), nè può dubitarsi che il diritto di svolgere la propria vita di relazione e il diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero configurino diritti fondamentali della persona costituzionalmente garantiti”.
Oltre alla lesione di diritti costituzionalmente garantiti andrebbe considerata anche la perdita di una raccolta (foto, video, messaggi) lunga oltre 10 anni, oltre alla cancellazione di numerosi contatti personali contenuti nella lista “messenger“. Per tale motivo il danno non sarebbe emendabile con la mera creazione di una nuova pagina.
Sul piano processuale, il Tribunale ha riconosciuto l’inversione dell’onere della prova, che normalmente sarebbe in capo al danneggiato, attribuendolo in capo alla società danneggiante, per il principio di vicinanza alla prova e per le preclusioni di natura tecnica che renderebbero impossibile o eccessivamente onerosa l’allegazione da parte di un privato cittadino.
Per tali motivi il Tribunale di Bologna è giunto a condannare la soc. Facebook Ireland Limited al risarcimento in favore dell’utente della somma di euro 14.000,00 (quattordicimila/00), cui si aggiungono euro 12.000,00 (dodicimila/00) a titolo di condanna per responsabilità processuale ex art. 96 c.p.c. avendo tenuto un contegno processuale volto a “sottrarre il proprio comportamento e le proprie scelte negoziali alla valutazione e al controllo dell’Autorità giudiziaria nazionale”.