Locazione commerciale ai tempi del Covid-19: cosa dicono i Tribunali.

Come (purtroppo) sappiamo, a causa della recente pandemia da Covid-19 è stato decretato lo stato di emergenza, ancora in corso sino al prossimo 31 luglio 2020.

Proprio a causa del diffondersi del virus, molti conduttori di immobili ad uso commerciale si sono visti costretti a sospendere la propria attività d’impresa, con tutto ciò che ne consegue in termini di guadagni a fine mese. Ciò ha creato, e continua a creare, un preoccupante effetto domino per tutta la filiera commerciale posto che, mancando gli utili, molti imprenditori non hanno potuto onorare i propri debiti, tra cui figurano anche i canoni di locazione.

Questo problema si pone e si porrà anche nei prossimi mesi, in quanto molti conduttori dovranno fare i conti con un decremento di redditività che renderà indubbiamente difficoltoso far fronte a tutte le obbligazioni.

Alcuni di loro sono già ricorsi alla tutela giurisdizionale e nei mesi scorsi si sono registrate due importanti pronunce: la prima del Tribunale di Venezia pubblicata in data 14 aprile 2020, seguita dal Tribunale di Bologna lo scorso 12 maggio 2020.

Si tratta, in entrambi i casi, di ordinanze emesse in sede di procedimento cautelare e d’urgenza, con cui i giudici si cimentano nell’arduo compito di sciogliere la tensione generatasi tra conduttori e locatori.

Sostanzialmente la linea giurisprudenziale è identica per entrambi i Fori e si pone in favore del conduttore. Il Tribunale di Venezia ha ordinato al fideiussore (nel caso una Banca) di astenersi dal versare le somme reclamate da locatore a seguito di risoluzione anticipata del contratto, senza il rispetto del preavviso concordato.

La decisione del Tribunale di Bologna, invece ha ordinato al locatore di non porre all’incasso gli assegni bancari lasciati a garanzia del corretto assolvimento delle obbligazioni nascenti dalla locazione sul presupposto che “a causa delle misure restrittive in vigore per il contrasto alla pandemia da Covid 19 è stata ordinata la chiusura dell’attività imprenditoriale”.

Quindi che fare?

La soluzione più equa per entrambe le parti sarebbe quella di “sedersi al tavolo” e pattuire una riduzione del canone per i mesi di chiusura e/o per i mesi immediatamente successivi ex art. 1464 c.c. In questo modo il rischio verrebbe adeguatamente ripartito tra il conduttore ed il locatore (che comunque sarebbe tenuto al versamento delle imposte sui canoni non riscossi).

Diversamente, qualora il locatore facesse resistenza o non aderisse alla richiesta, il conduttore potrebbe attivare il procedimento di mediazione (obbligatorio) ex art. 5 comma 1-bis del D.Lgs. 4 marzo 2010, n. 28, per chiedere la riduzione del canone ex art. 1464 c.c. oppure la risoluzione del contratto ex art. 1467 c.c. (per eccessiva onerosità sopravvenuta).

Una terza ipotesi sarebbe quella inviare più semplicemente la comunicazione di recesso ex art. 27 comma 8 L. 392/1978 ricordandosi, tuttavia, di rispettare il termine semestrale.

Infine, solo in via residuale, rimane pur sempre la facoltà per entrambe le parti di adire l’autorità giudiziaria competente, come i due casi in commento.