Con sentenza pubblicata lo scorso 15 gennaio 2020 il Tribunale di Bologna – Sez. Specializzata in materia di imprese – ha affrontato il tema della titolarità dei codici sorgente di un software commissionato da una società e realizzato da un lavoratore autonomo (Cfr. Sent. n. 96/2020 sez. Imprese).
La materia del contendere
La vicenda giudiziaria prende le mosse dalla citazione notificata da una società committente nei confronti di un proprio consulente, al quale era stata commissionata la realizzazione di un software gestionale. La società committente chiedeva che il Giudice accertasse la titolarità dei codici sorgente in capo alla stessa in quanto “creazioni intellettuali cui l’ing. X è pervenuto nell’esecuzione del suo rapporto” con la società attrice. Accertata e dichiarata la titolarità, la società committente chiedeva il risarcimento del danno patito a causa della ritardata consegna dei dati. Consegna, questa, avvenuta comunque in corso di causa, ricorrendo alla procedura di cui all’art. 700 c.p.c.
Il consulente, convenuto in giudizio, si costituiva esponendo che il rapporto di lavoro intercorso era di natura libero-professionale e che, secondo quanto previsto dalla normativa sul diritto d’autore le opere dell’ingegno (quali, appunto, i codici sorgente) erano nella titolarità originaria dell’ideatore. Pertanto sia la paternità che i diritti di utilizzazione economica del software sarebbero dovuti spettare a quest’ultimo. Ciò anche in base al contratto siglato tra le parti secondo cui alla società committente sarebbe stata attribuita la sola titolarità dei codici oggetto e non anche quella dei codici sorgente.
Il principio di diritto
Il Giudice bolognese, prima di giungere all’enunciazione del principio di diritto posto a fondamento della propria decisione, compie un’approfondita analisi della materia, che merita condividere per sommi capi.
Il Tribunale parte dall’analisi della fattispecie di cui all’art. 64 CPI in tema di invenzione del dipendente per arrivare, successivamente alla disciplina – specifica- del diritto d’autore in tema di software, enunciato all’art. 12 bis L.A.
In linea generale il diritto d’autore copre sia i diritti morali che i diritti patrimoniali derivanti dall’opera. Tali diritti appartengono a titolo originario al suo autore che ha il diritto esclusivo di utilizzare economicamente l’opera in ogni forma e modo, originario o derivato. I diritti di utilizzazione economica dell’opera possono essere trasmessi a terzi (cfr art. 207 e ss L.A.) a titolo derivativo, sempre per volontà dell’autore.
Tuttavia tale principio “soffre” un’eccezione in tema di invenzione del dipendente. Infatti, ai sensi dell’art. 64 CPI “Quando l’invenzione industriale è fatta nell’esecuzione o nell’adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro o d’impiego, in cui l’attività inventiva è prevista come oggetto del contratto o del rapporto e a tale scopo retribuita, i diritti derivanti dall’invenzione stessa appartengono al datore di lavoro, salvo il diritto spettante all’inventore di esserne riconosciuto autore.”
In questo caso, derogando al principio generale, si ha un’utilizzazione economica dell’invenzione da parte di un soggetto diverso dal suo autore originario. Questo indipendentemente dalla volontà dell’inventore ma ex lege.
Anche in materia di software vi è un’eccezione di questo tipo. Infatti l’art. 12 bis L.A. stabilisce che “Salvo patto contrario, il datore di lavoro è titolare del diritto esclusivo di utilizzazione economica del programma per elaboratore o della banca dati creati dal lavoratore dipendente nell’esecuzione delle sue mansioni o su istruzioni impartite dallo stesso datore di lavoro”.
Pertanto, le due norme – art. 64 CPI ed art. 12 bis LA – introducono una deroga generale della titolarità esclusiva in capo all’autore dell’opera software, tale da attribuire al datore di lavoro tutti i diritti economici.
Ora, chiarito tale aspetto, il Tribunale di Bologna rivolge l’attenzione al rapporto di lavoro intercorso tra le parti. Tale eccezione può essere rivolta anche al lavoratore autonomo?
I giudici bolognesi danno risposta affermativa. Infatti, secondo l’art. 4 della legge 81/2017 (c.d. Jobs Act) i diritti di utilizzazione economica relativi ad apporti originali e ad invenzioni realizzate nell’esecuzione del contratto spettano al lavoratore autonomo salvo il caso che l’attività invenitva sia prevista come oggetto del contratto e a tale scopo remunerata. In tal caso la titolarità spetta al committente.
In conclusione
In definitiva, secondo l’interpretazione condivisibile del Tribunale di Bologna, in caso di attività creativa del lavoratore autonomo, i diritti di utilizzazione economica dell’opera spettano al committente, se oggetto del contratto è proprio tale attività creativa e salvo patto contrario. Il consiglio, quindi, è quello di prestare molta attenzione alla negoziazione delle clausole contrattuali nel caso di contratto di sviluppo software, andando a disciplinare in modo chiaro ed esauriente l’aspetto dei diritti IP.