La Corte di Cassazione, per mezzo della recente ordinanza n° 20962/2020, ha osservato che la rateizzazione degli importi indicati nella cartella di pagamento – eseguita dal contribuente al fine di evitare successivi procedimenti espropriativi – non ostacola la proposizione dell’impugnazione avverso tale provvedimento esattoriale.
I Giudici della Suprema Corte, richiamando anche le pronunce n° 3347/2017 e n° 2231/2018, hanno infatti confermato l’orientamento secondo cui «il pagamento degli importi indicati nella cartella di pagamento non integra acquiescenza alla pretesa tributaria», giacché detta scelta non comporta «l’effetto di precludere ogni contestazione in ordine all’an debeatur, salvo che non siano scaduti i termini di impugnazione e non possa considerarsi estinto il rapporto tributario, risultando irripetibile il versamento solo di quanto spontaneamente pagato».
Pertanto, secondo la Corte di Cassazione, il rateizzo in favore dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione (ex Equitalia) posto in essere dal contribuente al fine di evitare successivi atti espropriativi a proprio danno si configura come un “pagamento non spontaneo” e, di conseguenza, “non può essere qualificato come comportamento di acquiescenza alla pretesa tributaria“.
Sulla scorta di tali affermazioni, i Giudici di Piazza Cavour hanno dichiarato l’ammissibilità dell’impugnazione avverso il provvedimento esattoriale oggetto di rateizzo.
Per maggiori informazioni si veda la sentenza in formato .PDF.