Inutilizzabilità delle prove acquisite all’abitazione del contribuente senza gravi indizi.

Sono inutilizzabili le prove acquisite con un accesso illegittimo all’abitazione del contribuente (Cass. n° 612/20)

La Suprema Corte, con l’ordinanza n° 612/20, ha espresso il principio circa l’inutilizzabilità delle prove acquisite durante un accesso domiciliare del contribuente, laddove nell’indagine effettuata presso l’abitazione “gli elementi offerti dagli accertatori siano inidonei ad integrare gravi indizi”.

La decisione

L’art. 52, comma 2, D.P.R. n° 633/72, “applicabile anche per gli accertamenti in materia di imposte dirette” (art. 33, D.P.R. n° 600/73), prevede “l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica”, la quale “presuppone la sussistenza di gravi indizi di violazione tributaria e trova la sua giustificazione nell’inviolabilità del domicilio di cui all’art. 14 della Cost.”.     

Dunque, la concreta sussistenza dei gravi indizi di violazione tributaria è subordinata alla verifica “della legittimità formale e sostanziale della pretesa impositiva”, la quale implica la successiva legittimità dell’avviso di accertamento, fondato sull’attività istruttoria svolta dai verificatori.

In linea a quanto già sostenuto dalla Cassazione SS. UU. (sent. n° 16424/02), anche nell’ordinanza in commento, i giudici di legittimità hanno precisato che l’autorizzazione del magistrato per l’accesso all’abitazione del contribuente rappresenta “un provvedimento amministrativo, il quale si inserisce nella fase preliminare del procedimento di formazione dell’atto impositivo”.

Pertanto, concludono i Giudici ermellini, “l’autorizzazione all’accesso da parte dell’autorità giudiziaria, in quanto diretta a tutelare l’inviolabilità del domicilio privato, rileva quale conditio sine qua non per la legittimità dell’atto e delle relative conseguenti acquisizioni”, quindi deve trovare “applicazione anche in materia tributaria il principio d’inutilizzabilità della prova illegittimamente acquisita” (Cass. n° 19689/04).

Tale conseguenza, tuttavia, “riguarda solo le prove e/o fonti di prova per le quali l’accesso medesimo abbia costituito una condizione necessaria”, ossia quando gli agenti acquisiscono conoscenza “mediante percezione diretta dei fatti” (documenti).